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Una condanna e un rinvio a giudizio con l’accusa di “caporalato” alla titolare di azienda e al coamministratore

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Accusati di aver sfruttato operai ‘in nero’ anche per 13 ore al giorno, retribuendoli al massimo tre euro all’ora

È stata emessa la sentenza nei confronti di due marocchini di 41 e 50 anni finiti sotto processo a Perugia con l’accusa di aver sfruttato operai ‘in nero’ anche per 13 ore al giorno, retribuendoli al massimo tre euro all’ora.
Una condanna e un rinvio a giudizio, è l’esito del procedimento, davanti al gup di Perugia, che ha visto imputati il titolare di una ditta che fabbrica apparecchiature elettriche a Gualdo Tadino e il coamministratore.
Le accuse riguardano i reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di 12 operai connazionali sprovvisti di permesso di soggiorno valido per motivi di lavoro subordinato, approfittando del comprovato stato di bisogno dei medesimi.

Nei confronti della donna 41enne il pm Mara Pucci ha chiesto la condanna a due anni e due mesi di reclusione, con rito abbreviato, per il 50enne invece il rinvio a giudizio. I fatti risalgono al 2022.

  

Negli atti vengono sottolineate le condizioni di sfruttamento, e l’imposizione di fatto di condizioni di lavoro inique e degradanti sotto il profilo dell’orario di lavoro, della retribuzione e delle cautele ai fini di salute e sicurezza, nonché sotto il profilo previdenziale.