Alessandro Bianconi ha diretto l’oratorio “Le stimmate” di padre Giuseppe Magrino
Con una partenza nella nebbiosa mattina del cambio di orario, un autobus a due piani ha portato attraverso il sempre micidiale Verghereto coro e orchestra dal Città di Castello a Venezia. Quattro ore di piacevole navigazione, l’arrivo al Tronchetto di Venezia, poi la nuotata attraverso le orde di turisti per riuscire ad approdare alla basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari dove ci ha accolto padre Magrino con il suo assistente storico, Daniele Bonacci. Erano alcuni anni che non lo incontravamo, avevamo saputo del suo incidente stradale a Sassari, poi l’approdo alla monumentale basilica dei frati conventuali, uno dei luoghi più conici della città lagunare. Qui la pala dell’Assunte di Tiziano, il mausoleo di Canova e la tomba dove riposano le spoglie di Monteverdi, rendono i Frari uno scrigno di memorie artistiche dove padre Magrino, ora parroco, assolve i suoi doveri sacerdotali nel segno della obbedienza francescana. Certo, per noi musicisti umbri, il trasferimento di padre Magrino, per due decenni maestro di cappella della Basilica Papale di san Francesco di Assisi, ha lasciato un vuoto profondo.
Sappiamo delle leggi di avvicendamento che interessano la vita claustrale dei francescani, ma per noi rinunciare alla operosità di un musicista che ha dato molto come direttore, come compositore e come animatore di cori e di orchestre alla vita artistica territoriale è stata veramente una perdita ferale. Per la storia rimarranno impresse nella basilica giottesca certe “res gestae” indelebili che padre Magrino ha tracciato, come la presentazione della sua opera lirica “Salomè” messa in scena, sullo spazio dell’altra e maggiore della chiesa superiore, da Dario Argento in una memorabile produzione di Omaggio all’Umbria. Come, in basilica inferiore, una “Petite messe solennelle” di Rossini rivelò a quali stati di maturazione fosse arrivato il coro della basilica. Quasi un omaggio degli Umbri, dunque, un autentico pellegrinaggio, quello di ieri pomeriggio ai Frari, segno tangibile di un affetto che la distanza non riesce a spegnere. Artefice dell’evento stato il giovane Alessandro Bianconi, musicista tifernate, organista di rilievo e direttore della storica “Schola cantorum Abbatini” della cattedrale che dal 1931 svolge attività liturgia e una pregevole produzione concertistica. Era compagna di esecuzione l’Orchestra Instabile di Arezzo, in acronimo OIDA, un modo tutto toscano per ricordarci di quel pungente Pietro Aretino che fu grande scrittore, motteggiatore ironico e castigatore di certezze. E in effetti in un mondo quanto mai instabile come quello della vita musicale italiana, miglior definizione non si potrebbe dare a un complesso che vive sulla propria pelle gli incerti del mestiere, mostrando tuttavia una straordinaria capacità di crescere artisticamente.
La cronaca del concerto vuole che, dopo una prova acustica realizzata nel vuoto dello spazio basilicale immerso nell’oscurità, con tutti quei marmorei sepolcri che si protendevano dalle pareti con le loro ombre auliche e silenziose, l’ingresso del folto pubblico veneziano ha presto portato all’inizio del concerto. Padri Magrino, comprensibilmente commosso, ha pronunciati una breve allocuzione ricordando i tempi in cui sono maturate le musiche che avremmo ascoltato, poi è stata la volta dell’Orchestra che ha suonato un brano sinfonico, un pannello della “Sinfonia dei nostri giorni” che l’autore ricordava di aver meditato negli anni della guerra in Irak. Musica densa e concisa, attraversata da fendenti acustici e da violente riflessioni timbriche, subito inquadrata nella giusta misura direttoriale dal nostro Bianconi. Subito dopo il primo pannello corale, il “Cantico delle creature” che Magrino ha affidati alla dizione della voce di tenore, per l’occasione Federico Savini, convincente interprete della contemplazione della natura dell’uomo e delle cose. In terza posizione, in quello che era un autentico omaggio alla produzione di Magrino, il suo oratorio “Le Stimmate” che risale al 1997 e risultava ineseguito. Una bella avventura quella affrontata dal giovane Bianconi con entusiasmo e generosità, operando su un materiale sonoro molto ampio che spaziava dal gregoriano a impasti timbrici wagneriani esaltando un bellissimo testo di padre Simpliciano Olgiati, anche lui ofm. Distribuito su un ampio ventaglio di voci solistiche, l’oratorio prevedeva uno “storico”, il basso Diego Savini, il personaggio di Francesco, col tenore Matteo Laconi, frate Leone, ancora con la voce del tenore Federico Savini e il timbro cristallino dell’ Angelo, il soprano Myong Jae Kho. Dirigendo con estrema competenza i due complessi, Bianconi ha voluto associare all’applauso conclusivo la maestra del coro, Emanuela Agatoni. La meditazione musicale di Magrino, distendendosi su un testo molto ampio e dal sapore profetico, ha saputo accentuare, con un serrato uso del contrappunto, il passaggio dalla contemplazione al sacrificio compiuto dal Padre Serafico nel momento di massima identificazione con il Cristo di cui, il fraticello, si sentiva “alter”, partecipe di carne e sangue.
Nel momento in cui l’orchestra, serrando i suoi ritmi al suono dei corni, Francesco si dice pronto a “salire sul monte del Signore”, il coro gregoriano dei seguaci del Poverello, fa sentire il compimento del passaggio nel mistero dell’amore e del dolore compiuto da un uomo che seppe farsi “carne e sangue del dolore”. Musica densa di significati, colta nell’alternare rigore a liricità al pari di un maestro del Novecento come Hindemith, ma affine, nell’uso aperto della tonalità, ad altri grandi italiani del secolo scorso come Bettinelli, Chailly, Zafred. Un bel capitolo di storia cui ci sentiamo di ascrivere pienamente la produzione di padre Magrino. Non senza rinunciare a cogliere un sapore di “Incantesimo del Venerdi’ Santo” nella parte finale dell’oratorio, un autentico naufragio nella beatitudine. La indiscussa capacità di Banconi di aver pensato il progetto e di averlo realizzato ha inserito la bella serata nel più vasto progetto promosso dalla abbazia benedettina di san Giorgio Maggiore, custode di un immenso patrimonio libraio di carattere musicale.
Ma anche il Capitolo tifernate farà la sua parte, associandosi a quanto avvenuto nella Basilica veneziana di Santa Maria Gloriosa dei Frari. Il nove e il 10 prossimo infatti la Cattedrale di Città di Castello ospiterà la replica del concerto, preceduta da una mattinata di studio e di riflessione sulla musica di Magrino. Applaudiremo ancora una volta Bianconi, i suoi solisti, il coro e la simpaticissima Orchestra AIDA. E ritroveremo anche Diego Savini baritono in brillantissima carriera, protagonista di straordinarie serate rossiniane nei teatri svizzeri e spagnoli, artista capace di declinare grandezza con umiltà e affetto alla propria città. Insomma un situazione musicale di cui bisogna necessariamente tener conto nella città del Festival delle Nazioni che ha espresso recentemente l suo nuovo Presidente e che deve recepire la necessità di irradiare la sua presenza in un più ampio spazio cronologico.