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Carcere di Capanne, scoppia la protesta dopo la morte di un detenuto

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Decesso dovuto ad un probabile malore. Nota del Garante dei detenuti Giuseppe Caforio

Un detenuto nigeriano di 37 anni è morto stamattina, per un probabile malore, nel carcere di Capanne. Dopo il decesso è scoppiata la protesta da parte di altri detenuti che si sono rifiutati di entrare nelle celle. A loro avviso i soccorsi sarebbero arrivati con colpevole ritardo.

Sulla vicenda è intervenuto il garante dei detenuti, Giuseppe Caforio, che in una nota ha espresso dolore e preoccupazione per la morte del 37enne. “Purtroppo la risposta dei detenuti è stata forte e decisa – ha scritto Caforio – , tra le ragioni c’è probabilmente anche la costernazione nel vedere perire un proprio compagno, ma è sicuramente anche collegata alla situazione complessiva di fortissimo disagio più volte denunciato. Sarà la procura della Repubblica di Perugia a svolgere gli accertamenti necessari, probabilmente anche attraverso un esame autoptico, e questo deve rassicurare sul fatto che ogni accertamento sulle cause della morte sarà svolto con cura e attenzione. In ogni caso ancora una volta occorre che sul tema carcere vi siano risposte immediate e concrete in relazione ai noti temi del sovraffollamento dei detenuti, categoria di cui fanno parte molti soggetti con problemi critici e dunque anche incompatibili col sistema carcerario; con il tema della grave carenza di personale della polizia penitenziaria e con le carenze dell’aria sanitaria, le quali sempre più sono una delle cause delle tensioni da parte dei detenuti.

La morte di un uomo è sempre vicenda grave e gravissima anche se dovesse emergere che le cause sono di origine naturale.

Questa è l’ennesima occasione per effettuare un deciso cambio di passo che faccia sì che le carceri diventino un luogo di rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo con reale concretizzazione della funzione riabilitativa.

Tutto ciò in questo momento non sta avvenendo e, per l’ennesima volta, questo Garante si vede costretto ad effettuare una denuncia pubblica dell’attuale situazione carceraria che non solo non è migliorata, ma continua a peggiorare per una serie di circostanze che vanno dalla carenza di risorse economiche unite a quella di risorse umane.

Oramai è davvero troppo tardi, ma ancora in tempo per far sì che coloro che stanno effettuando il percorso di espiazione della pena possano essere messi nelle condizioni di tornare nella società civile ed essere pienamente reinseriti in essa.

Se ciò non avverrà significherà che il nostro sistema sociale ha fallito in uno degli obiettivi primari”.