I tagli del Governo impongono interventi urgenti e una radicale riorganizzazione
di Attilio Solinas * – Sono sempre più convinto che la sanità pubblica rappresenti una conquista sociale irrinunciabile. Ma nella realtà attuale, purtroppo, si deve considerare che c’è un buon 15-20 per cento di persone con fragilità socio-economiche che non ha più i mezzi per curarsi e non è in grado di usufruire dei servizi. Questo può addirittura produrre fenomeni di mortalità accentuata per mancanza di accesso alla diagnosi e alla cura: ne è un triste esempio la Grecia, dove alcune fasce della popolazione sono così povere che restano escluse da ogni tutela. Quindi attenzione a tagliare le risorse al sistema sanitario pubblico, nato come universalistico e alla portata di tutti.
Ma se è vero che certe scelte politiche possono di fatto aver messo in discussione il diritto costituzionale alla tutela della salute per tutti, non ci si può solo lamentare per un inadeguato finanziamento senza essere allo stesso tempo propositivi e operativi in termini di razionalizzazione del sistema. Se il Governo effettua tagli lineari, indiscriminati, costringendo anche le Regioni virtuose come l’Umbria a far ricorso a ticket di compartecipazione, è chiaro altresì che questa non può essere la soluzione dei problemi per contenere i costi e mantenere la sostenibilità del sistema sanitario. Semmai dev’essere l’occasione per attuare una politica mirata all’appropriatezza organizzativa, efficace per razionalizzare la spesa sanitaria pubblica, colmare le carenze e ridurre disagi e disservizi.
Sono tante le cose da rivedere e da correggere in fretta. Anzitutto i servizi pubblici dovrebbero lavorare al massimo delle proprie potenzialità, compatibilmente con le disponibilità di orario e di organico. Gli ambulatori e i servizi diagnostici a volte chiudono presto, anche per carenze negli organici. Si verifica spesso una domanda eccessiva e inappropriata di prestazioni sanitarie, perché i medici non seguono le linee di indirizzo scientifiche per l’appropriatezza prescrittiva; a volte sono pressati dai pazienti che, per una forma di “consumismo sanitario”, condizionata dall’ autosuggestione mediatica, pretendono esami non necessari.
La tecnologia in ambito sanitario dovrebbe essere continuamente aggiornata e questo in Umbria è avvenuto puntualmente, anche se, in alcune realtà può verificarsi una presenza eccessiva di apparecchiature, tra pubblico e privato. I farmaci innovativi dovrebbero essere acquistati per soddisfare il diritto alla cura dei pazienti e per evitare l’incremento dei costi legato all’evoluzione delle malattie. Pensiamo ai nuovi trattamenti per l’epatite C, e ai nuovi chemioterapici, alle terapie per le malattie infiamatorie intestinali. E’ necessario potenziare il numero e gli organici delle strutture per le persone con disabilità e con problematiche neurologiche gravi – tipo Alzheimer – e far fronte al grave problema delle malattie croniche attraverso un’assistenza territoriale che consenta di evitare i ricoveri negli ospedali ogniqualvolta si verifichi una riacutizzazione.
Credo sia necessario rivedere l’organizzazione del Cup regionale: un paziente anziano e disabile di Amelia ha difficoltà a recarsi ad effettuare un esame a Città di Castello. Rimanendo sui nuovi bisogni: disabilità, malattie croniche gravi, malattie psichiatriche, Alzheimer – in esplosione epidemiologica- diffusione del diabete, dell’obesità (anche nei bambini), dipendenze da sostanze, dipendenze dal gioco, tutto questo dovrebbe essere fronteggiato in modo appropriato.
La medicina del Territorio dovrebbe usufruire del potenziamento dei centri di salute, attivando servizi h24, in grado anche di far fronte anche ai codici bianchi e ai codici verdi del pronto soccorso, e così alleggerire gli ospedali.
Penso anche a canali preferenziali per le persone fragili, a quelle con disabilità, per evitare disagi legati alle lunghe attese nei pronto soccorso.
Scelte cruciali riguardano la prevenzione: penso al diabete, al sovrappeso, all’ipertensione arteriosa, alla prevenzione dei tumori. Tutto potrebbe essere limitato e ridotto con campagne incisive indirizzate a stili di vita sani e corretti, attraverso un’opportuna alimentazione e attività fisica costante. Potenziare le campagne di screening per i tumori prevenibili e diagnosticabili precocemente. Investire in prevenzione consente di mantenere la sostenibilità economica del servizio sanitario pubblico anche per il futuro. Informare ed educare alla salute sin dall’età scolastica.
Un discorso a parte va fatto per l’assistenza ospedaliera. Ad ogni ospedale va data una connotazione specifica, una riconversione che ne valorizzi gli aspetti di qualificazione professionale e introduca servizi necessari al territorio e all’organizzazione complessiva del sistema umbria. Ci sono centri sanitari da preservare e potenziare perché utili, perché vi operano professionisti validi in reparti e dei servizi che funzionano bene, che attirano utenza.
Nello stesso tempo è necessario riconvertire o accorpare quei reparti e quei servizi che funzionano al di sotto degli standard. La riorganizzazione del sistema assistenziale ospedaliero va regolata e adattata ai nuovi bisogni dei cittadini.
La qualificazione degli operatori deve essere perseguita attraverso una selezione meritocratica, investendo nella formazione e nell’aggiornamento continuo del capitale umano, e dando spazio ai giovani professionisti di eccellenza – ce n’abbiamo tanti – combattere il precariato, mandare i nostri ragazzi nei centri di eccellenza italiani ed europei ad imparare nuove tecniche di diagnosi e terapia.
L’università ha un ruolo importante per la formazione e per l’aggiornamento degli operatori; deve selezionare apicalità di valore nelle aziende ospedaliere, anche per evitare che gli umbri vadano a curarsi fuori regione, fenomeno per fortuna ancora contenuto. E’ necessario riorganizzare i dipartimenti ospedalieri, in “dipartimenti d’organo”. Inutile che le chirurgie di un grande ospedale facciano tutte la stessa tipologia di interventi
L’integrazione tra ospedale e territorio è importantissima per consentire una continuità assistenziale.
In alcune realtà esistono ridondanze: ci sono doppioni e servizi che hanno personale in eccesso, a volte con una produttività bassa, altri che sono carenti. E’ necessario che i nuovi direttori nominati dalla Regione attuino un’analisi manageriale a tutti i livelli, per verificare ciò che serve e ciò che è in eccesso.
Ho seguito in prima persona tutta la vicenda delle nomine. A volte, in passato, alcuni direttori hanno praticato un contenimento dei costi, ma di fatto si è verificato anche un certo immobilismo orientato alla gestione dell’esistente e non all’attuazione della necessaria riorganizzazione. Credo che la presidente Marini abbia effettuato delle scelte basate realmente sul merito. Ha analizzato in dettaglio i curriculum di tutti i 108 e ha definito i criteri basati su esperienza, conoscenza della realtà sanitaria umbra e competenza. Un approccio al problema corretto e secondo me efficace, anche per il futuro. Di fatto sono avvenute delle rotazioni che hanno tenuto conto anche della giusta necessità di valorizzare le nostre migliori professionalità. Spetterà a loro verificare in modo manageriale le carenze, le duplicazioni e ridondanze, i nuovi bisogni e migliorare l’equità del sistema di assegnazione delle risorse ai differenti territori, che ha un po’ subito glie effetti della riduzione del numero delle Asl.
Ho sempre sempre sostenuto che per attuare le linee programmatiche definite dall’amministrazione regionale occorre per l’assessorato sia potenziato anche in termini di uffici e professionalità, per verificare costantemente l’operato delle aziende e star sopra alle varie questioni da risolvere.
Tutto deve partire da lì, dev’essere quello il motore, la centrale decisionale e di verifica a cui i direttori generali devono rispondere. Vanno completate subito le riforme. E’ ore di agire con sollecitudine ed efficacia.
C’è molta aspettativa tra gli operatori sanitari ed i cittadini umbri.
* Consigliere regionale PD
e Presidente III Commissione
Consiliare Permanente