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Perugia, una città abbandonata

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Di trentamila perugini ne sono rimasti in centro solo 6.000, e così la criminalità torna ad imperare

Di Francesco Castellini – Il cuore di Perugia torna a fibrillare. E’ di nuovo allarme sicurezza. Tanti i segnali inquietanti, tutti portano ad indurre che il mondo della criminalità stia puntando ad organizzarsi pericolosamente. Guai ad abbassare la guardia! L’obiettivo evidente è quello di far rifiorire il ricchissimo traffico degli stupefacenti che fino a qualche anno fa aveva portato Perugia ad essere eletta capitale della droga.

questore Gugliotta
Il Questore Carmelo Gugliotta

Solo l’efficace lavoro delle forze dell’ordine ha dato buoni frutti, ma ora, guardando alle notizie di cronaca nera, sembrerebbe proprio che il “mostro” si stia pericolosamente risvegliando. Si scorrono le pagine dei giornali e ci si accorge che è tutto un moltiplicarsi di scippi, di assalti alle persone anziane; salgono le aggressioni, le rapine, le spaccate, i furti nei negozi e nelle abitazioni, ma anche purtroppo si torna a parlare di morte per overdose. E pensare che solo pochi mesi fa il questore Carmelo Gugliotta, tracciando un bilancio della situazione, aveva espresso un cauto ottimismo: “Perugia non è più la capitale della droga, oggi lo possiamo dire con certezza in base ai dati, tanto da poter affermare che oggi il capoluogo dell’Umbria è una città migliore rispetto a qualche anno fa”. Il questore lodava “l’impegno sul campo delle forze di polizia, ma anche il lavoro svolto dalle istituzioni e dalla magistratura, dai cittadini che si sono riappropriati degli spazi liberati dalla criminalità”. Si era parlato di un “lavoro di squadra”, condiviso con il sottosegretario all’Interno Gianpiero Bocci. “Le morti per overdose – aveva tra l’altro ricordato Gugliotta – sono crollate da 28-30 negli scorsi anni a cinque nel 2015”. Ma aveva anche ammonito: “E’ giusto essere ottimisti, ma non abbiamo vinto alcuna guerra”.

La colpa della politica. Di certo, pur riconoscendo alle forze dell’ordine un lavoro e un impegno straordinario, non si può davvero pensare che il problema possa essere risolto solo affidandoci alle cosiddette “maniere forti”. I sociologi lo sanno bene che i mali che affliggono una città hanno radici diverse e una delle cause principali è sicuramente da addebitare a scelte politiche errate.E a proposito basterebbe ricordare che la situazione è venuta a degenerare soprattutto nell’ultimo ventennio, guarda caso proprio negli stessi anni in cui lo spaccio cresceva e il centro si andava svuotando. Da una parte interi rioni sono stati desertificati: non solo le famiglie perugine li hanno abbandonati, ma anche i giovani, gli studenti, non ci vengono più volentieri nonostante le iniziative di operose e volenterose associazioni.

La fiction non basta. Sì, c’è stato tutto un fiorire di eventi, manifestazioni, concerti, fare night! Sono stati riaperti dei cinema, e si è dato vita a tutta una serie di ristorantini e pub che a tratti fanno pensare più alla rive gauche di Parigi che alle bidonville di Perugia, ma ora c’è da chiedersi se tutto questo basta, se questo davvero può compensare i vuoti enormi che si sono venuti a creare nel frattempo.

perugia di notteSono rimasti 6.000 perugini. Sono i freddi numeri a parlare: fino a una trentina di anni fa nel centro storico abitavano più di 30 mila perugini. Ora ce ne sono meno di 6 mila. E allora basterebbe fare un giro di notte per i medioevali vicoli per comprendere che in fondo sì, tante cose carine sono state concepite e realizzate, ma ci si guarda intorno e sembra di vivere una rappresentazione scenica, più che in una dimensione reale sembra di stare in uno studio di Cinecittà. Le finestre delle abitazioni chiuse, le luci dei palazzi spente, un via vai di avventori che bazzicano i posti ben allestiti ma privi di anima, per poi andarsene senza lasciare traccia come dopo aver visitato un bazar. Una fiction che intristisce e che non lascia immaginare nulla di buono.

La desertificazione. E dunque bisogna chiedersi: quali sono le colpe della politica? E’ evidente che tutto è stato decentralizzato senza opporre resistenza alcuna, senza una progettualità alternativa. E così i locali, i cinema, i centri commerciali, i negozi di prestigio, i bar notturni, tutto è stato trasferito nella periferia, senza che nessuno si sia posto il minimo problema, senza tentare di creare politiche di contrasto, anzi in qualche modo favorendo la creazione di buchi urbanistici e dunque sociali, che di fatto hanno rappresentato l’abbattimento di tutte le naturali barriere culturali contro la droga e il degrado.

La cura è solo una. La verità è che non c’è una via di mezzo, non si conoscono alternative: Perugia tornerà a vivere e pulsare solo quando la massa di perugini si riappropierà del suo territorio e dei suoi naturali spazi.