Le responsabilità dei pentastellati di Grillo. Riuscirà Mattarella a scongiurare l’immediato ricorso alle urne?
di Bruno Di Pilla
L’ostinata testardaggine dei 5stelle, già furiosi per la disfatta elettorale e lo scisma del Ministro degli Esteri Di Maio, ha costretto Draghi a lasciare Palazzo Chigi, sebbene Mattarella ne abbia subito respinto le dimissioni. Troppi no ha pronunciato Conte: no alle trivelle per far fronte alle carenze di gas e petrolio, no alla riattivazione delle 27 centrali a carbone, no al nucleare, no al termovalorizzatore di Roma Capitale, assediata da un insostenibile cumulo di rifiuti, no a maggiori spese militari per irrobustire la NATO e sostenere l’eroica resistenza ucraina, no alla sospensione “sine die” del cosiddetto superbonus per le ristrutturazioni edilizie, ormai anacronistico per gli astronomici costi delle materie prime.
Sembra quasi che i pentastellati non si rendano conto delle drammatiche condizioni in cui versano l’Italia e l’intera Unione Europea, specie dopo i due anni di pandemia e la feroce guerra scatenata a febbraio dal dittatore Putin. Pur di riconquistare parte degli smarriti consensi, ottenuti nel 2018, Conte ed i suoi superstiti epigoni battono ancora sull’improponibile tasto della transizione ecologica e di un integrale ambientalismo negazionista delle tragiche emergenze energetiche e finanziarie, che rischiano di far colare a picco, nel mare in tempesta, la malconcia navicella italica. E dire che il benemerito Draghi, malgrado le critiche del centro-destra, aveva sempre difeso a spada tratta il reddito di cittadinanza, autentico cavallo di battaglia del movimento fondato da Grillo. Ed aveva altresì ribadito, a più riprese, che mai il suo Governo sarebbe sopravvissuto senza il convinto sostegno parlamentare dei pentastellati, da lui considerati insostituibili alleati nel tentativo di realizzare ogni progetto di riforma, compresa l’auspicata svolta verde con il definitivo ripudio dei carburanti fossili. Purtroppo, però, la transizione ecologica necessita di tempi lunghi e di un clima di pace e laboriosa operatività, ora drammaticamente stroncati dalle conseguenze economiche del brutale conflitto scatenato da Putin in Ucraina.
Allo stato dei fatti, non resta che affidarsi alla lungimirante saggezza del Presidente Mattarella, che cercherà in ogni modo di convincere Draghi a restare, scongiurando un anticipato ricorso alle urne, foriero di probabili crolli finanziari in Borsa e disordini sociali.
Cui prodest un’eventuale crisi di Governo? Neanche ai 5stelle, dall’opinione pubblica considerati responsabili del caos in cui piomberebbe il Paese. Solo l’inamovibile zar moscovita gioirebbe per la quasi contemporanea caduta del britannico Johnson e dell’italiano Draghi, con lo stesso francese Macron in bilico per gli esiti della recente consultazione elettorale d’Oltralpe. “A chi toccherà ora in Europa?”, ha sarcasticamente commentato Medvedev, alter ego di Putin. Quanto veleno in quelle parole!