Secondo l’Agenzia Umbria Ricerche il dieci per cento dei ’nuclei’ umbri vive con meno di 9mila euro all’anno
Come analizzato da Elisabetta Tondini ricercatrice di Aur (Agenzia Umbria Ricerche) in un recente intervento (Le basse remunerazioni del lavoro in Umbria: caratteri, cause, implicazioni), nel 2022 in Umbria la media delle retribuzioni del lavoro dipendente è più bassa di quella nazionale, soprattutto a causa della perdurante inferiore produttività del lavoro che si riscontra nella regione.
Inoltre, come indicato dai più recenti dati Istat relativi all’indagine EU-SILC [1], nella regione i percettori di reddito derivante da pensioni e altri da trasferimenti pubblici sono il 40% del totale ed essi percepiscono un reddito medio di quasi sette mila euro superiore a quello del complesso dei pensionati italiani (dati 2021).
L’ampiezza e la distribuzione delle fonti di reddito influiscono nella diffusione della povertà relativa [2] tra le famiglie e nella diversa incidenza che questo fenomeno può assumere rispetto alle caratteristiche socio-economiche delle famiglie stesse.
In Umbria, nel 2022 sono in condizione di povertà relativa poco più di 38 mila famiglie (10% del totale) composte da oltre 124 mila individui (13,3% del totale delle persone che vivono in famiglia). La misura della povertà fornisce un valore più alto se riferita alle persone invece che alle famiglie perché, come si vedrà, è tra le famiglie più numerose che il fenomeno si presenta con maggiore intensità (Figura 1).
Rispetto alle caratteristiche della famiglia, mostrano rischi di povertà più elevati le famiglie con minori (18,1%), mentre una dinamica opposta si registra per le famiglie con membri anziani (6,6%). Inoltre il disagio economico risulta tre volte più elevato della media regionale nelle famiglie dove è presente almeno uno straniero (33,3%). L’incidenza della povertà relativa cresce anche in relazione all’aumentare del numero dei componenti delle famiglie: per quelle monocomponenti si attesta al 5,5%, fino ad arrivare al 17,6% per le famiglie di 3 componenti e oltre. Tra queste ultime, il rischio di povertà aumenta ulteriormente in presenza di due o più figli (25,7%) o di un solo reddito a garantire la sussistenza economica (32,8%).
Se si prendono in considerazione le caratteristiche socio-economiche della persona di riferimento, si vede come l’incidenza della povertà risulti più elevata per le famiglie con persona di riferimento giovane (18-34 anni: 16,4%) e adulta (35-64 anni: 12,4%) mentre quelle dove essa ha più di 65 anni sono meno esposte a condizioni di disagio economico (6,3%).
Rispetto alla cittadinanza, il rischio di povertà è circa cinque volte più elevato se la persona di riferimento è straniera invece che italiana (34,8% contro 7,1%). Anche l’influenza del titolo di studio sulla povertà è rilevante: le famiglie dove la persona di riferimento ha un titolo di studio non superiore alla licenza di scuola media inferiore (o secondaria di primo grado) sono più esposte al malessere economico rispetto a quelle dove essa è diplomata (12,7% contro 7,6%).
Quando la persona di riferimento è occupata, l’incidenza della povertà è maggiore rispetto al caso in cui sia ritirata dal lavoro (11,1% e 5,7%, rispettivamente). La presenza di una maggiore rischio di povertà tra gli occupati è collegata alla dimensione familiare e si riscontra nel caso di prole numerosa, oppure può verificarsi tra le famiglie più giovani dove il lavoro è più precario e meno retribuito.
Figura 1 – Incidenza della povertà relativa per caratteristiche della famiglia e della persona di riferimento – Umbria – Anno 2022 (valori percentuali)Fonte: elaborazioni autore su dati Istat [3]
In Umbria il tasso di povertà è in linea con quello medio nazionale (10,9%). Essa è però la regione con l’incidenza più alta tra quelle del Centro-Nord e insieme all’Abruzzo rappresenta il territorio di “passaggio” tra un Nord più ricco e un Mezzogiorno più povero (Figura 2).
Figura 2 – Incidenza della povertà relativa per regione – Anno 2022 (valori percentuali)Fonte: elaborazioni autore su dati Istat [3]
Le differenze tra le categorie familiari riscontrate nella regione sono presenti anche se si guarda al più ampio contesto nazionale. Per analizzare quali di queste categorie hanno in Umbria un disagio economico maggiore o minore rispetto al complesso del Paese è stato calcolato per ciascuna di esse il rapporto tra il rischio di povertà regionale e quello nazionale. Tali rapporti sono stati a loro volta messi in relazione con rapporti tra i tassi di povertà medi dei due territori per eliminare l’effetto “complessivo” del territorio di appartenenza. Rispetto all’Italia, in Umbria presentano un rischio di povertà relativamente più elevato le famiglie con persona di riferimento occupata o con diploma e quelle monocomponenti o con persona di riferimento giovane o straniera. All’opposto, risulta relativamente più protetta la categoria degli anziani o dei ritirati dal lavoro (Figura 3).
Figura 3 – Rapporto tra il rischio relativo di povertà in Umbria rispetto a quello in Italia per caratteristiche della famiglia e della persona di riferimento (posto = 100 il rapporto tra rischio medio regionale e nazionale) – Anno 2022Fonte: elaborazioni autore su dati Istat [3]