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Chiusa per sempre la vicenda Appaltopoli

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Dopo quasi dieci anni di processo si chiude il sipario sulla vicenda giudiziaria di Appaltopoli. La Cassazione ha infatti annullato le statuizioni civili adottate nei confronti degli otto imputati ricorrenti, perché – si legge nelle motivazioni – “la prova sia dell’associazione che dei reati fine già dichiarati prescritti in primo grado (…) appare in realtà insufficiente e contraddittoria”.
Non una buona notizia per chi puntava a farsi risarcire. Le parti civili Provincia e Anas ora dovranno rivolgersi al giudice civile se vogliono continuare a sperare di essere rimborsati per i danni subiti:

La sesta sezione penale della Suprema Corte aveva in particolare annullato senza rinvio la sentenza di appello nei confronti di Massimo Lupini (al tempo direttore tecnico Seas spa), Maria Antonietta Barbieri (istruttore amministrativo direttivo dell’ufficio Appalti della Provincia), Fabio Patumi (responsabile di settore dell’area Affari generali della Provincia) e Adriano Maraziti (direttore area Viabilità) in relazione al reato associativo a loro contestato, in quanto estinto per prescrizione. Leggendo ora la sentenza degli Ermellini si ha l’impressione che abbia ulteriormente demolito la parte di processo rimasta in piedi.

Tutto, si ricorderà, nacque dall’inchiesta condotta dalla squadra mobile nel 2008 su un presunto comitato d’affari che avrebbe di fatto gestito e pilotato appalti della Provincia di Perugia. Nel gennaio 2015, arrivarono 14 condanne (e anche molte assoluzioni: il processo era iniziato nel luglio 2010 per 39 persone) malgrado l’estromissione delle intercettazioni. In appello aveva retto il reato di associazione a delinquere, mentre furono dichiarati prescritti i reati di corruzione e turbativa d’asta. Per l’accusa di associazione erano stati condannati a un anno e sei mesi Maraziti, Patumi, Lupini e a un anno Barbieri (pene sospese; c’erano state anche assoluzioni). Gli stessi e altri sette erano stati anche condannati a pagare 2.200 euro alla Provincia; Amleto Pasquini, invece, a pagare lo stesso importo all’Anas (era capo compartimento per l’Umbria).
Ora, se si vorrà procedere, dovrà essere un giudice civile a pronunciarsi sui risarcimenti e anche a regolare le spese processuali sostenute dalle parti civili. Su questo fronte, insomma, bisogna ricominciare dall’inizio e tenendo conto di come la Cassazione si è pronunciata in relazione al materiale probatorio relativo ai reati su cui si fonderà la pronuncia risarcitoria.