L’ex presidente della Regione parla anche del suo rapporto con Emilio Duca: mai fatto pressioni
Catiuscia Marini fa chiarezza sul suo coinvolgimento nell’affaire concorsopoli e sulle sue responsabilità. Finora l’ex presidente della regione Umbria aveva partecipato alle udienze in silenzio, ma ieri ha fatto dichiarazioni di rilievo, sia per quanto concerne la deposizione del suo ex collaboratore Valentino Valentini, sia sulla deposizione del colonnello della Guardia di Finanza, Selvaggio Sani.
La Marini ha dato la sua versione dei fatti su quanto affermato dal suo ex collaboratore Valentino Valentini, che, in aula il giorno prima, aveva dichiarato di aver consegnato una busta per conto della presidente a Marisa Ricotta, ex dipendente di Legacoop, contenente – secondo la sua sensazione- l’aiuto per lo scritto dell’esame.
Catiuscia Marini ha affermato che le dichiarazioni del suo ex consigliere politico si possono spiegare con il duro scontro che i due ebbero quando Valentini presentò le sue dimissioni dopo che Nicola Zingaretti (Marini non lo cita) gli aveva proposto un ruolo di primaria importanza al suo fianco.
La presidente si oppose, richiamando Valentini perché, a suo avviso, il capo di Gabinetto del suo staff non avrebbe dovuto avere un ruolo attivo all’interno del Pd e ancora meno alle dipendenze di un altro presidente di Regione.
All’inizio della sua deposizione la ex presidente aveva smentito anche quanto affermato dal colonnello della Guardia di Finanza Selvaggio Sani, precisando di non aver mai fatto pressioni sull’ex dg dell’ospedale De Luca.
Il colonnello aveva riferito che Emilio Duca si lamentava delle ingerenze ricevute a tutti i livelli da personaggi diversi: politici, medici ed ecclesiastici affermando “la curia e la Giunta non mi danno tregua”.
Il militare aveva ricordato anche una telefonata dell’allora presidente della Regione Catiuscia Marini al dg Duca che riguardava futuro di Umbria salute dopo il decesso del suo amministratore.
Anche in questo caso la l’ex governatrice ha espresso la sua verità alla Corte, presieduta da Marco Verola: “Non si possono prendere due minuti di una telefonata estrapolandola anche dal contesto di lavoro del presidente della Regione, dei direttori generali e degli amministratori di una delle società che rappresenta lo snodo di funzionamento del sistema sanitario regionale”.