Intervista all’ingegner Vetturini, titolare dello studio Ingenium di Foligno che in questi anni ha messo in sicurezza numerosi edifici monumentali applicando il metodo dell’“isolamento sismico alla base”
di Domenico Paladino – Devono indurre a riflettere le parole del vescovo di Rieti Domenico Pompili, quando nella sua omelia per le 242 vittime di Amatrice e di Accumuli, ha detto: «Uccide l’uomo non il sisma. Dio non può essere un capro espiatorio». E viene in mente la “casa” di Dio, la bellissima basilica di San Benedetto a Norcia, che è implosa su se stessa ed è andata così inesorabilmente perduta. Bisognerebbe ora capire se dietro tutto questo ci siano delle responsabilità precise. Di certo hanno contribuito le lungaggini burocratiche, l’assordante silenzio del Ministero dei Beni Culturali, che invece di promuovere interventi e soluzioni, ha scelto la via dell’attesa sterile. Eppure da tempo la scienza offre delle tecniche d’avanguardia che se prontamente adottate non avrebbero privato l’umanità di uno dei suoi tesori più preziosi e belli. E parlando con l’ingegner Riccardo Vetturini, titolare dello studio tecnico Ingenium di Foligno, che da anni opera proprio nell’ambito dei sistemi per l’isolamento sismico, si comprende bene che contro il terremoto non siamo del tutto impotenti.
Dunque ingegnere, se ben attrezzati, la partita contro questo mostro è tutta da giocare.
«Di fronte al terremoto non si è impotenti, ci sono delle tecniche che possono contenere gli effetti, limitare i danni, fino ad annullare la paura. La tecnica si chiama “isolamento sismico alla base”, – dice l’ingegnere – ed è in grado di contenere molto bene gli effetti del terremoto. Una metodologia già adottata con efficacia nelle aree ad alto rischio sismico. Ad esempio nella Nuova Zelanda a Wellington, o il palazzo municipale di San Francisco. Nel caso del terremoto di L’Aquila come studio abbiamo affrontato il tema della ricostruzione di edifici in muratura monumentali, a valenza storico-artistica di particolare rilievo. E in sei casi abbiamo approcciato il problema adottando la strategia dell’isolamento sismico alla base. Fra questi edifici messi in sicurezza c’è anche il Palazzo dell’Emiciclo, che peraltro è anche sede del Consiglio Regionale d’Abruzzo».
Qual è la strategia di fondo?
«La strategia consiste nel fatto che anziché incrementare la resistenza dell’edificio, si punta a ridurre l’azione devastante del terremoto. Vengono introdotti alla base dei dispositivi, chiamati isolatori, che separano il fabbricato dal terreno. Filtri che riducono e abbattono l’azione sismica, fino a ridurne la portata di almeno dieci volte. Così non si ha più la necessità nella sovrastruttura di procedere a rafforzamenti che spesso sono incompatibili con un quadro pittorico, artistico, scultoreo. Si raggiunge il 100% della sicurezza».
Quindi si poteva fare di più per salvaguardare l’enorme patrimonio artistico perso in Umbria?
«Purtroppo questa metodologia è stata sdoganata solo di recente. Nel 2009 è stata introdotta una nuova norma sismica che ne ha permesso l’applicazione. Prima di fatto invece si doveva procedere attraverso un iter burocratico così lungo che ne scoraggiava l’uso. Per questo fino a prima la metodica era stata utilizzata solo su pochi casi, su edifici peraltro nuovi».
E’ auspicabile che si ricorra sempre più a queste tecniche?
«Sì, soprattutto per edifici pubblici, come scuole, ospedali, sedi istituzionali, caserme, che spesso risiedono in contesti monumentali. Peraltro questa metodica si rivela vantaggiosa a lungo termine, perché l’edificio stressato dal sisma continua a funzionare anche dopo».
Le ultime forti scosse avvenute nel centro Italia hanno dunque consentito di “collaudare” i vostri interventi adottati a L’Aquila?
«Sì. Le scosse di Amatrice e Norcia sono state percepite in maniera consistente anche a L’Aquila, tanto che questo sistema di protezione si è attivato. E’ stata una verifica sul campo. Abbiamo registrato che un fabbricato si è spostato di 6 centimetri senza subire alcun danno. E posso citare anche un episodio. A L’Aquila abbiamo messo in sicurezza un edificio abitato da signore anziane. Ebbene tali signore dopo la scossa guardavano gli altri spaventati scesi in strada. Possiamo dunque affermare che di fronte al terremoto non si vive più con la stessa angoscia, fino a sentirsi protetti e sicuri nella propria casa».