Home Musica Organo Morettini e liturgia musicale secondo il vescovo Paolo Giulietti

Organo Morettini e liturgia musicale secondo il vescovo Paolo Giulietti

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Eugenio Becchetti suona lo strumento del 1832 dell’oratorio della Giustizia

Lo chiamavamo don Paolo quando, vicario vescovile, si affacciava nei locali dove trasmettevamo da radio Augusta Perugia. Ora che è monsignor Giulietti, vescovo di Lucca, lo abbiamo ritrovato, ieri pomeriggio, in un imprevisto e non pubblicizzato incontro con la musica in un luogo “sconosciuto” ai più. L’oratorio della Giustizia, o dei santi Andrea e Bernardino è un sontuoso locale che i padri francescani custodiscono dietro le capriate gotiche della chiesa di san Bernardino propriamente detta.

Nella facciata i rettangoli lapidei con le immagini degli angelo suonatori, in bassorilievo finissimo “in stiacciato” sono una immagine che per secoli hanno fatto la gioia dei viaggiatori del “grand tour”: sei creature alate musicanti, con le vesti e le chiome sollevate dal vento, trascinati da Agostino di Duccio in una inebriante danza sacra sono una delle più belle cose che la Perugia gotica abbia offerto al Rinascimento. Percorsa la navata con volte a crociera siamo entrati, ieri pomeriggio, sotto le volte incombenti dei grandi fregi dorati dei cassettoni di fine Cinquecento: sembra un cielo d’oro incombente, ma per la circostanza l’ombra che avvolgeva tutto il luogo smorzava l’urlo architettonico di tanta magnificenza. perché monsignor Giulietti, che poco prima aveva celebrato la messa, ora voleva parlarci di musica.

E lo ha fatto ricordando le origini orientali dell’organo, introdotto nella liturgia cristiana dopo il tanto cantare in gregoriano, quando la celebrazione liturgica passava dal greco al latino e, siamo nel IX secolo, si distaccava per sempre dalla chiesa orientale che non subirà il fascino del Rinascimento e che ripudierà l’adozione di questa straordinaria macchina sonora, stupefacente affermazione dell’Homo Faber.
E la separazione fu drastica, perché da allora l’organo non abbandonò mai la liturgia cristiana, accompagnando i canti, ma anche esaltandosi in un percorso di autonomia creativa che raggiunse i vertici della grande musica di invenzione, da Bach, a Liszt, Reger, fino a Ligeti.

Ma monsignor Giulietti non voleva evangelizzarci in astratto, bensì portarci nell’ambito della musica perugina, parlandoci di una dinastia di costruttori d’organo che da sola, farebbe la gloria di una città. Angelo Morettini classe 1799, fu il primo di una triplice generazione e di organari che estesero la loro attività non solo in Umbria e nel centro Italia, ma ebbero anche una imprevedibile notorietà nella edificazione di uno strumento a Santiago del Cile. Straordinaria la storia di un ragazzotto che si trova improvvisamente orfano ma che, seguendo le indicazioni di un sagace canonico, va ad apprendere un mestiere nelle Marche, a Montecarotto, entrando nella bottega di un buon artigiano, Sebastiano Vici.

Questa bellissima storia monsignor Giulietti la lascia raccontare a Eugenio Becchetti, organista e organaro insigne, che per oltre un’ora parla e suona. Lo fa alternandosi allo strumento Morettini del 1832 che sta in un locale separato dall’oratorio, e che nel passato, Dio solo sa perché, fu murato e reso inaccessibile al pubblico. Ora, perfettamente restaurato, fa sentire la sua voce cordiale, polposa e potente, nutrita, come afferma Becchetti, da una cucina che fa sentire l’uso di ingredienti forti e saporiti. Perché Morettini lavorava con intelligenza non affinandosi ai modelli ripetitivi di un insigne maestro veneto come il Callido, ma scegliendo le sue sonorità chiesa per chiesa, ambiente dopo ambiente, assemblando canne proporzionate alle dimensioni delle singole aule, e affinando la sua scrupolosità fino al punto di incidere le “anime” di ogni singola canna onde fargli uscire la voce che prevedeva.

Accortezze che premiarono la attività di un maestro che cominciò la sua strada adattando un manufatto di Cantiano, ma che presto entrò nelle grazie dei Conestabile della Staffa che gli aprirono le porte dell’aristocratico monastero di santa Giuliana. Qui, per le Cistercensi, Angelo innalzò due strumenti che seguirono poi vicende strane, seguendo le strade campestri del piccolo borgo di Castiglion Fosco e di Montemelino, dove oggi ancora suona la loro voce. Ma nel frattempo, continua Becchetti. il magistero di era diffuso altrove, grazie anche al cambi generazionale del figlio Nicola, al punto che, ancor oggi, i tre organi della basilica di san Giovanni in Laterano, sono tutti dei Morettini.

Suonando brani di Pescetti, Pachelbel e Sweelink, Becchetti, che continua la sua fervida attività di restauratore di strumenti, non ultimi quelli di san Biagio della Valle di Frattatodina, non ha mancato ieri sera di esemplificare i ripieni e le combinazione dei registri “da concerto”, corredando la sua magistrale lezione con convincenti illustrazioni estemporanee. Al termine di questa bellissima occasione di Verbo Episcopale e di musica cordialmente umbra, ci si chiede perché non riprogettare quel festival Morettini che una trentina d’anni fa fu realizzato da Wijnand van de Pol, il maestro del Conservatorio Morlacchi, distribuendo i suoi concerti in tutto il territorio.
Tra i tanti progetti di Sviluppumbria, dei Gal e di Fondazione Perugia si potrebbero mettere in azione risorse la cui ricaduta sul territorio avrebbe molto valore in termini di cultura e di coesione umana. Ogni comunità, anche la più piccola, tra le tante che facevano dell’Umbria un reticolo di residenze agricole, aveva una chiesa con il suo strumento musicale esibito come segno di appartenenza e di orgoglio civico. Questi strumenti sono ancora lì e attendono solo di essere suonati. Parola di Vescovo.
Stefano Ragni