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Perché ho scelto Vittoria Ferdinandi

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di Mario Roych

Sono contento d’incontrare nuovamente, in questa testata online, i lettori che mi hanno accompagnato nella mia avventura di commentatore politico per oltre dieci anni nel settimanale Umbria Settegiorni. Lo faccio con molto piacere, perché sento il dovere di spiegar loro i motivi che mi hanno spinto a impegnarmi pubblicamente a favore di Vittoria Ferdinandi.

Io sono stato sempre un uomo di centro che guarda a sinistra (secondo quanto precisò a suo tempo De Gasperi per definire la posizione politica della DC). Lo sono stato quando militavo nella DC e quindi nel Partito popolare italiano; dopo, non ho più preso tessere di partito; ho mantenuto il mio profilo politico, votando secondo le circostanze.

Quindi, direte, che il sostegno alla Ferdinandi era nell’ordine naturale delle cose. Però ho fatto di più, ho condotto una campagna elettorale a suo favore, esponendomi in prima persona, pur non conoscendola personalmente. Ciò è stato originato da due fatti. Il primo, del tutto casuale, deriva da uno sbaglio compiuto da un sostenitore (sostantivo neutro) dello schieramento di centro destra; devo aggiungere non da parte di un estremista di destra, ma di un appartenente a Forza Italia, nel qual partito evidentemente era cucinata la strategia d’assalto alla candidata avversa.

Dunque: all’inizio della campagna elettorale, mi fu recapitata la bozza di un articolo, poi apparso su un quotidiano nazionale, nel quale erano poste in fila tutte le possibili menzogne sulla Ferdinandi, dipinta come radical chic (da chi è senz’altro della genia chic di Perugia), come sostenitrice della maternità surrogata, dell’insegnamento gender (ancora non ho capito di che trattasi); come erede del peggiore comunismo, come agitatrice di professione, nemica delle forze dell’ordine, e via via compitando. Con un piccolo particolare non trascurabile per un cattolico praticante come me: l’invito a far massa contro il pericolo incombente, con l’implicita tesi che il voto cattolico dovesse naturaliter indirizzarsi a destra. (tesi successivamente ribadita dal gruppo del family day e in qualche modo avvalorata da alcuni uffici curiali).

Insieme a tanti altri intellettuali cattolici abbiamo deciso di pubblicare una dichiarazione pubblica, apprezzata da molti professori universitari e da intellettuali laici. Con essa abbiamo difeso la libertà di coscienza di ciascuno e il pluralismo delle scelte politiche. Questa presa di posizione non è stata capita fino in fondo, perché in realtà, pur dichiarando l’appoggio alla Ferdinandi, sostenevamo anche la piena legittimità della posizione contraria alla nostra. Anche se crediamo d’interpretare meglio di altri la spinta di rinnovamento di papa Francesco, nei suoi risvolti sociali che vanno al di là del dibattito interno alla Chiesa.

Detto ciò, voglio soffermarmi su due aspetti importanti. Confermo di essere stato colpito dalla grande forza trascinatrice della Ferdinandi, che, se non si guasterà sul crescere, diventerà un personaggio di caratura nazionale. A lei auguro la miglior fortuna possibile. I primi passi come Sindaco sono promettenti.

C’è, poi, un risvolto di natura politica, illustrato con sapienza da Mariano Borgognoni nella rivista La Rocca. Riprendo direttamente alcuni passaggi relativi a idee che non potrei illustrare meglio: “ci vogliono persone credibili per dare volti ai programmi e all’anima. E dove li trovi? Una volta la risposta era semplice: nei partiti politici, nei partiti di massa che sono stati la spina dorsale nella prima fase della vita repubblicana. Oggi non è così. I partiti sono spesso organizzazioni rinsecchite ed autoreferenziali, nel migliore dei casi luoghi di passioni generose ma molto parziali e scarsamente radicante nel territorio. Quando chi li dirige è consapevole di questo fa scelte giuste aprendosi per genere, generazioni, competenze, esperienze a quanto di meglio emerge dalla società. Quando si capisce che il campo largo è un’idea stretta si batte la strada giusta. Oltre la politica che passa per i partiti c’è ancora politica. Le competenze ma anche le passioni e le energie che un tempo trovavi dentro i partiti o nelle loro immediate vicinanze oggi, sovente, le trovi altrove. È a questo vasto spettro di soggettività politiche bisogna guardare.”. Aggiungo soltanto una chiosa, che riguarda i cattolici progressisti. Non penso che sia giusta o praticabile l’ipotesi maturata a latere della Settimana sociale, volta a creare un contenitore partitico. Trovo, al contrario, giusto e creativo il percorso per cui gruppi di cattolici democratici decidono di impegnarsi insieme dentro uno dei contenitori esistenti, apportando anima, programmi e organizzazione. Così si può portare dentro le istituzioni la nostra voce. L’esperienza di Perugia è indicativa, se pensiamo che quattro cattolici dichiaratamente democratici faranno parte della compagine amministrativa o politica.