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Sagra Musicale Umbra, al chiostro di san Pietro “Experimentun mundi”, la musica immaginifica di Giorgio Battistelli

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Al suo apparire Experimentum fu positivamente commentato da Giorgio Pressburger come “spettacolo irripetibile indimenticabile”. Non possiamo che sottoscrivere, felici di esserci stati e di poter ricordare una serata tanto elettrizzante

Stefano Ragni – Ieri sera, nel chiostro maggiore della basilica dei Padri Benedettini si è sollevato il brusio della vita, il mormorio della civiltà laica che scaturisce dall’Encyclopedie di Diderot e d’Alembert. Così indica il libretto scritto da Giorgio Battistelli per rivestirne alcuni passi destinati alla sua stessa musica, Musica si fa per dire, perché Experimentun mundi del 1981 è più che altro una congerie di rumori che scaturiscono dal lavorio, in scena di sedici artigiani, intenti a manovrare i loro strumenti di lavoro. E sono due bottai, due falegnami, un pastaio, due selciaioli, due muratori, due fabbri, due arrotini, due calzolai e uno scalpellino.

L’unico musicista è il percussionista Nicola Raffone, impegnatissimo a farsi strada in questo forsennato cantiere di lavoratori della pietra, del legno e del ferro. Una idea semplicemente geniale quella dell’allora giovane musicista che era ancora presente nel corpo docente del nostro Conservatorio Morlacchi. Capace di fargli cogliere la notorietà internazionale, una manciata di direzioni artistiche per ogni dove e, ora, l’ambitissimo Leone d’oro alla carriera tributatogli dalla Biennale di Venezia. D’altra parte, dopo l’exploit artigianale il percorso artistico di Battistelli si è arricchito di oltre trenta opere di teatro musicale che si sono imposte sui teatri di tutto il mondo, da Prova d’orchestra, a Divorzio all’italianaJulius Caesar con la regia di Robert Carsen, Le baruffe, commissione della Fenice di Venezia per la regia di Damiano Michieletto. Tanta congerie di creatività il musicista di Albano Laziale se l’è guadagnata sul campo con una operosità senza risparmio e una prodigalità di inventiva che hanno padri putativi di rilievo come Stockhausen, Kagel, Henze e Berio. Ripescare questo Experimentum che non ha niente a che vedere col tema delle Madri evocato dalla attuale Sagra, si allaccia piuttosto, con perfetta simmetria, al tema delle musiche massoniche di Mozart che, a causa del maltempo, hanno perso la prevista locazione nella Villa La Scarzuola, architetture fantastiche del libero pensiero.

Per tornare a ieri sera un pubblico non esattamente abbondante, si è agitato intorno alle sedie per vedere quegli operai che, quando ce li hanno sotto casa, li maledicono semplicemente. Forsennati al lavoro, rumorosi come i due muratori che hanno tirato su un muretto, il fabbro che da una vecchia fucina ha sollevato fiamme e fumo, i maestri manganatori che hanno rotolato una enorme botte, gli arrotini, in bicicletta a produrre energia per la mola. Insomma una babele di rumori che ha letteralmente sommerso la voce di Beppe Servillo, che recitava i passi dell’Encyclopedie senza essere capito da nessuna. Ma l’effetto era certamente voluto. A destra della scena una manciata di voci femminili, vere prefiche della dedizione al lavoro, mormorava ogni tanto qualcosa. Battistelli dirigeva tutto questo frastuono agitandosi furiosamente non una efficacia pari alla sua genialità. D’altra parte come non parlare di assoluto spirito creativo quando il pastaio, Marcello di Palma, ha cominciato ad aprire le sue uova, con un crepitio che, captato dal microfono, si diffondeva nel chiostro come una musica inusitata. Ecco, questa la grande novità suscitata da Battistelli: gli umili prodotti sonori del lavoro quotidiano che diventano suono. Nel pieno stile di Roland Barthes che sosteneva come ascoltare sia un atto psicologico. E perché allora non ricordare il maestro di Battistelli, l’astrale Stockhausen, quando, tanti anni fa, per gli Amici della Musica di donna Alba, si presentò a piedi nudi nella sala Maggiore della Galleria dell’Umbria a battere per un tempo interminabile una autentica incudine? Teatro dei gesti quotidiani che trasforma il rumore d’uso in icona di un’arte che, in un mondo come questo, è diventata inutile. Ci vorrebbero le contorsioni ideologiche di Gillo Dorfles per commentare questa serata che noi è parsa una meravigliosa scena di opera buffa, scaturita direttamente dal Finale primo del Barbiere di Siviglia dove solisti e coro cantano di “alternando questo e quello pesantissimo martello”. Ovviamente col risultato che “il cervello, poverello, finisce per impazzire”.

Al suo apparire Experimentum fu positivamente commentato da Giorgio Pressburger come “spettacolo irripetibile indimenticabile”. Non possiamo che sottoscrivere, felici di esserci stati e di poter ricordare una serata tanto elettrizzante.