Home Attualità Violenza sulle donne e femminicidi: per l’Onu è “un flagello mondiale”

Violenza sulle donne e femminicidi: per l’Onu è “un flagello mondiale”

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In Umbria, dove i casi di violenza sono in aumento, sono otto i centri a cui rivolgersi per chiedere aiuto

di Luigi Piccolo – Il sociologo Alberto Pellegrino in un suo recente commento sul delicato tema della violenza alle donne ha affermato che viene considerata dall’Onu “un flagello mondiale”.
Gli aggressori appartengono a tutte le classi e compiono abusi fisici e sessuali su soggetti adulti e su minori, in ambito lavorativo e in famiglia. Per combattere questa forma di vigliacca brutalità, oltre alle leggi, servono adeguate forme di prevenzione e di educazione.

Ma bisogna intervenire in fretta. Sì perché il fenomeno barbarico sta raggiungendo dimensioni preoccupanti, in quanto non comprende solo soprusi e maltrattamenti, ma include anche vessazioni psicologiche, ricatti economici, minacce, persecuzioni di vario genere, fino a sfociare nella forma più estrema della sopraffazione fisica. Secondo i dati ufficiali riferiti al 2016, sei milioni e 788 mila sono state le vittime della malvagità maschile. In Italia la situazione è drammatica.

La conferma viene dal rapporto del Servizio analisi criminale della Polizia: le donne uccise in ambito familiare sono salite da 94 del 2019 a 98 dell’anno scorso, e anche questo 2021 non promette nulla di buono; sono già 15 i femminicidi dall’inizio dell’anno, più di uno a settimana e l’ultimo caso, avvenuto a Napoli, che ha visto il barbaro omicidio di Ornella Pinto per mano dell’ex compagno, ha coinvolto anche la nostra regione. L’uomo, infatti, dopo aver inferto dodici coltellate alla donna, è fuggito a bordo della propria auto e dopo aver viaggiato per alcune ore senza meta si è costituito presso la stazione dei Carabinieri di Monte Gabbione. La donna lascia un bimbo di tre anni.

Si suppone che l’aumento dei casi derivi anche dalle restrizioni imposte dal lockdown che ha costretto molti partner già considerati a rischio, a convivere forzatamente all’interno delle stesse mura domestiche.

Nel 70% dei casi l’assassino è il marito, poi vengono gli ex conviventi e fidanzati. Ad uccidere è quasi sempre l’uomo che avevano accanto, di cui si fidavano, con cui dividevano il dramma e le ansie quotidiane. Per molte di loro la morte non è arrivata all’improvviso.

Tra i casi più recenti c’è quello di Piera Napoli, 32 anni, cantante neomelodica, il cui corpo è stato trovato nel bagno dell’appartamento del quartiere Cruillas di Palermo. Il marito, Salvatore Baglione, 37enne, dopo averla uccisa si è presentato alla stazione dei carabinieri di Passo di Rigano a confessare. Non era servito a nulla il fatto, documentato da una denuncia, che il mese prima la donna aveva contattato la polizia chiedendo aiuto per le percosse e le continue aggressioni subite. Secondo il padre la donna restava ancora a casa con l’uomo per via dei tre figli piccoli da accudire.

Sempre nel palermitano di recente si è assistito ai funerali della 17enne Roberta Siragusa, gettata in un burrone a Monte San Calogero la mattina del 24 gennaio. Aveva passato la serata a una festa con il fidanzato, Pietro Morreale, 19 anni, poi accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Secondo l’autopsia la giovane sarebbe stata prima stordita con un colpo alla testa e poi data alle fiamme mentre era ancora viva.
Ilenia Fabbri, 46anni è stata rinvenuta sgozzata nella sua abitazione di Faenza, nel ravennate. A compiere l’omicidio sarebbe stato un killer assoldato dal marito.

Sonia Di Maggio, 29 anni, è stata uccisa la sera del primo febbraio 2021 a Minervino di Lecce. Era in strada con il suo nuovo compagno quando è stata aggredita dall’ex fidanzato Salvatore Carfora, 39 anni, che l’aveva già minacciata in passato. Rossella Placati 50 anni e due figli, è stata ammazzata da un artigiano edile a cui si era legata da un anno e mezzo dopo aver divorziato. A Torino una ragazza si è salvata per puro caso dopo che il suo vecchio convivente l’aveva colpita in strada con un coltello.

A Genova Clara Ceccarelli è stata trucidata nel suo negozio di pantofole. Lei, consapevole e ormai rassegnata, convinta del suo inesorabile destino, qualche tempo prima si era pagata il funerale per non dover gravare sulle spalle di parenti e amici. A Roma di recente si sono verificati cinque casi in due giorni, sei in una settimana.

E in ultimo il duplice omicidio avvenuto a Massafra (Taranto) per mano del 61enne Antonio Granata, il quale ha barbaramente ucciso con un arnese da lavoro la moglie Carolina Bruno (65 anni) e la suocera Lorenza Addolorata Carano (92 anni) e si è poi impiccato.

Secondo l’analisi condotta dal Procuratore generale della Cassazione riferita al conto degli omicidi in generale, l’85% di tutti i delitti che avvengono in Italia riguarda il sesso femminile; ma quello che dovrebbe far più riflettere è il fatto che nel 28% dei casi la violenza procede il suo corso ingravescente annunciati da precedenti maltrattamenti, stalking e minacce. L’Eures, alla fine di gennaio dello scorso anno aveva commentato: “il femminicidio rappresenta l’ultimo anello di una escalation di vessazioni che la presenza di un’efficace rete di supporto potrebbe invece riuscire ad arginare”.

Tesi confermata dal procuratore Giovanni Mammone che, parlando del “Codice rosso”, e riferendosi all’insieme di norme introdotte a luglio dello scorso anno, ha sottolineato come «l’intervento in favore delle vittime debba interessare non solo le strutture giudiziarie, ma anche quelle pubbliche (servizi sociali), private (associazioni di volontariato) e sanitarie, sulla base di un modello di intervento di cui dovrà necessariamente essere individuato un credibile soggetto di coordinamento».

In Umbria non si sono registrati di recente casi di femminicidi, mentre sono in aumento le donne che subiscono violenze e riescono a superare la vergogna o la paura di denunciare la violenza subita, stalking inclusi.

A novembre del 2019 erano 122 le donne finite al pronto soccorso dall’inizio dell’anno, 34 a Perugia, 88 a Terni. Ancora in crescita rispetto all’anno precedente, quando erano state 119. Ma il dato più importante emerso è quello che negli ultimi cinque anni sono quasi tremila (2.950) le vittime che si sono rivolte ai centri anti-violenza della regione, quasi trecento a Perugia, 230 a Terni. In media 23 casi al giorno.

Mentre sono state 191 coloro che si sono rivolte al Telefono donna di Perugia, aperto a novembre 2018, 33 quelle per cui è stato attivato il servizio di pronta emergenza. E tra queste figurano anche 37 minori. A Perugia i procedimenti penali aperti sono oltre 100. Molti ancora in attesa di giudizio.

La Regione Umbria, a fronte di questo inquietante fenomeno in costante espansione, con la Legge regionale 25 novembre 2016 n. 14 “Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini” ha previsto l’istituzione dell’Osservatorio regionale sulla violenza degli uomini contro le donne, con la conseguente definizione di azioni e politiche di intervento e di monitoraggio.

L’Ente ha quindi realizzato un sistema di supporto alle organizzazioni facenti parte della rete anti-violenza: queste ultime, ciascuna in relazione alle proprie competenze, sono invitate ad inserire nel sistema S.E.Re.N.A. (operativo a partire da maggio 2018), tutte le informazioni relative ad ogni specifico caso. Parrebbe che l’osservatorio ora non sia più operativo a causa di problemi di natura organizzativa. Peccato!

Lo scorso novembre Simona Meloni, consigliere regionale dell’Umbria in quota Pd, vicepresidente dell’Assemblea legislativa, in occasione della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” ha dichiarato: «Mentre i casi di Covid-19 continuano a mettere a dura prova i servizi sanitari, i servizi essenziali, le case-rifugio per la violenza domestica e i numeri di emergenza telefono donna, così come le richieste di aiuto ai centri anti-violenza, stanno raggiungendo la capacità massima. Serve dunque andare oltre la testimonianza, seppur importante, e cogliere l’occasione di questa giornata per assumere impegni concreti e per riflettere su quanto si può e si deve fare per evitare, dentro e fuori le mura domestiche, stupri, femminicidi, violenze fisiche, psicologiche, morali, economiche».